Andare in bicicletta riduce il rischio di diabete (anche dopo i 50 anni)

Nel mondo ne soffrono più di 400 milioni di persone e ogni giorno la malattia causa 14mila decessi. Fondamentale la prevenzione: dieta sana e movimento quotidiano

Il diabete colpisce nel mondo 415 milioni di persone e cresce ogni anno al ritmo di 7 milioni di nuovi casi. Ogni giorno causa più di 14mila decessi. Fortissimo anche il suo impatto economico: assorbe il 12% della spesa sanitaria mondiale (oltre 600 miliardi di euro). Ed è una malattia in costante aumento: secondo l’International Diabetes Federation potrebbe colpire un adulto su dieci entro il 2040, ovvero 642 milioni di individui. Ancora più pessimista l’analisi della Monash University australiana pubblicata su Nature Reviews: secondo gli autori, i diabetici nel mondo sarebbero oggi 520 milioni, con una notevole sottostima dei casi reali a causa di test diagnostici non sempre adeguati o eseguiti correttamente.

Prevenire con attività fisica e alimentazione

Ma il diabete di tipo 2 (quello che insorge in età adulta) si può in parte prevenire. Con uno stile di vita sano e attivo. La dieta è fondamentale, certo. Ma anche il movimento. Un ampio studio danese, pubblicato sulla rivistaPLOS Medicine, ha coinvolto quasi 25mila uomini e 28mila donne tra i 50 e i 65 anni: i ricercatori dell’Università della Danimarca Meridionale (Syddansk Universitet) hanno esaminato lo stato di salute dei partecipanti per alcuni anni e raccolto informazioni sul loro stile di vita, in particolare sul livello di attività fisica svolta e l’alimentazione. Obiettivo del lavoro era dimostrare che anche un semplice impegno quotidiano come spostarsi in bicicletta può aiutare a prevenire il diabete. I risultati sono stati chiari: pedalare riduce il rischio di ammalarsi di diabete e più si pedala, più si allontana la malattia, con effetti positivi che si ottengono anche iniziando in tarda età, dopo i 50 anni. Lo studio mostra che chi inizia tardi a usare la bicicletta ottiene (mediamente) una riduzione del rischio di diabete del 20%. Gli effetti benefici delle due ruote emergono indipendentemente da altri fattori che possono influire sul rischi di malattia, come alimentazione, problemi di peso.

Il meccanismo del diabete

«Anche se si tratta di uno studio osservazionale, in cui non abbiamo la certezza che la riduzione del rischio sia direttamente correlata all’utilizzo della bicicletta, offre spunti molto interessanti ed è realistico il dato sui benefici nella prevenzione del diabete – sottolinea Pierpaolo De Feo, direttore di C.U.R.I.A.MO. – Healthy Lifestyle Institute dell’Università di Perugia -. La bici funziona contro questa malattia perché attiva il 70% della nostra massa muscolare, posizionata negli arti inferiori. Non è un’attività traumatica, ma un movimento mediato dal mezzo e uniforme, senza carico sulle articolazioni». Per capire il legame con il diabete bisogna però fare un passo indietro: «Il diabete di tipo 2 si sviluppa a causa dell’insulino-resistenza, ovvero quando l’ormone insulina lavora meno bene – prosegue De Feo -. Questo accade perché all’interno delle fibre muscolari ci sono depositi eccessivi di grassi (o trigliceridi). La fibra muscolare ha la capacità di “leggere” quanta energia ha a disposizione, grazie a un particolare enzima, e di far partire un “messaggio” nel caso abbia necessità di maggiori riserve. Se nelle fibre c’è del grasso, l’enzima considera che l’energia è già presente e dunque la richiesta di prendere zucchero dal sangue non parte. In questo modo non si attivano i “trasportatori” del glucosio. Inizialmente, di fronte a questo fenomeno, l’organismo compensa producendo più insulina (l’ormone che regola i livelli di glucosio nel sangue), ma a lungo andare questo processo viene meno perché il lavoro del pancreas – dove l’insulina viene prodotta – diminuisce».

Macchina con doppio carburante

Ecco perché un’attività blanda come la bicicletta può influenzare positivamente questo processo, invertendo la rotta: «Mettere le gambe in movimento fa bruciare i trigliceridi, utilizzati come primo carburante, soprattutto se l’attività fisica è a bassa intensità – spiega il professor De Feo, che è anche endocrinologo e responsabile del progetto “Eurobis” per favorire uno stile di vita sano nei bambini -. In questo modo si attivano i trasportatori del glucosio e la glicemia si abbassa. Bisogna immaginare una macchina che funziona con due tipi di carburante: terminato il primo, ricorre al secondo, innescando – è il caso del diabete – il processo virtuoso di calo degli zuccheri nel sangue». Riassumendo, se un diabetico si misura la glicemia prima e dopo una bella pedalata vede la differenza: il valore scende. Ma quanta attività fisica, seppur blanda, bisogna fare per vedere i benefici suddetti? «Un’ora di bicicletta tutti i giorni, che corrispondono a 18 chilometri in pianura – chiarisce De Feo -. E considerando che non abbiamo città come Copenaghen – ricoperta da un reticolo di piste ciclabili protette dalle auto -, si può anche andare in bici dentro casa: utilizzando la cyclette il beneficio che si ottiene è esattamente lo stesso, ovvero una perdita di massa grassa di 1,2 chili al mese, a patto di lasciare invariata l’alimentazione. Vanno bene anche 4-5 km di camminata al giorno, a passo sostenuto ma senza affaticarsi: per avere un’idea, bisogna essere in grado di parlare normalmente metre si cammina».

Le «centraline energetiche» dei muscoli

De Feo e colleghi curano nel loro istituto pazienti obesi e diabetici: «Dopo tre mesi di attività aerobica costante assistiamo a un visibile miglioramento dei processi ossidativi della fibra muscolare, ovvero vengono bruciati più grassi – afferma il medico -. Questo avviene perché nelle fibre muscolari ci sono delle “centraline” che bruciano energia (i mitocondri), che aumentano con il movimento fisico: il numero di mitocondri può aumentare fino al 50% dopo sei mesi di attività. Voglio aggiungere che la fibra muscolare risponde alle sollecitazioni anche in tarda età, lo abbiamo visto anche in pazienti 80enni, e che l’effetto dell’attività fisica è uguale nei due sessi. Il 30% dei nostri pazienti diabetici, sottoposti al programma di movimento costante, è in grado di sospendere l’insulina. Migliora anche la prognosi dell’ipertensione, con minore necessità di farmaci: anche la pressione sanguigna è infatti sensibile all’attività aerobica».

 

 

 

 

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