Tumore al polmone, la biopsia liquida può essere un’arma in più

Più facile da eseguire, ma ugualmente efficace: basta un prelievo di sangue, mentre
in quella tradizionale deve intervenire il chirurgo per estrarre tessuto tumorale

Per i pazienti con un tumore del polmone in fase avanzata una biopsia liquida non invasiva potrebbe essere un’alternativa migliore al prelievo standard di un campione del tessuto polmonare. Secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research dai ricercatori americani dell’Abramson Cancer Center della University of Pennsylvania, nei malati con un carcinoma polmonare non a piccole cellule (la forma più diffusa di cancro polmonare) l’innovativa metodica sarebbe più adeguata per individuare mutazioni genetiche rilevanti e decidere l’iter terapeutico da seguire.

Stessa efficacia della biopsia tradizionale

Per biopsia liquida si intende un prelievo di sangue poi analizzato in laboratorio con l’obiettivo d’identificare frammenti anomali di Dna, spia della presenza di un tumore. Un’opzione molto meno invasiva rispetto alla biopsia tradizionale, che prevede un prelievo di tessuto tumorale fatto dal chirurgo, che non sempre fornisce materiale adeguato ed è semplice da eseguire. Secondo gli esiti della nuova indagine, nei malati a uno stadio avanzato le mutazioni scoperte attraverso la biopsia liquida e contenute nel Dna tumorale che circola liberamente nelle cellule presenti nel sangue sono le stesse individuate tramite il campione di tessuto canceroso (per esempio quelle a carico dei geni EGFR, TP53, ALK, per citare le più comuni). Anzi, in diversi casi la nuova metodica appare persino più accurata, cioè in grado di scovare variazioni genetiche non trovate dalla biopsia tissutale quando la malattia progredisce. Questi dati si aggiungono al numero crescente di prove raccolte a favore della biopsia liquida (presentata con un certo rilievo anche a giugno all’ultimo congresso dell’American Society of Clinical Oncology), considerata utile soprattutto quando i campioni di tessuto canceroso non sono disponibili o molto difficili da ottenere, come accade non di rado con il tumore polmonare.

La sperimentazione su 102 pazienti

Nella metà circa dei 102 pazienti arruolati nella sperimentazione (tutti con un carcinoma polmonare non a piccole cellule al quarto stadio) all’Abramson Cancer Center non era possibile effettuare la biopsia tradizionale per rilevare mutazioni genetiche sulle quali basare la scelta della terapia. Inoltre, trattandosi di malati in fase metastatica con un tumore che progredisce, il prelievo di sangue rende più semplice effettuare verifiche anche nel corso della cura, per vedere se ci sono modifiche che indicano l’utilità di un cambio di trattamento. Nei 50 partecipanti sottoposti a entrambi i tipi di biopsia, liquida e tradizionale, gli esiti dei test concordano al 100 per cento, attestando l’efficacia di entrambe le metodiche. Ma i risultati differiscono quando la biopsia liquida viene eseguita a distanza di tempo dal prelievo sul tessuto: una possibile spiegazione è che intervengano nuove mutazioni genetiche che il test del sangue (ripetuto col passare del tempo) registra, mentre non erano presenti nel paziente quando è stato prelevato il tessuto tumorale.«I nostri risultati dimostrano che, anche in assenza della biopsia standard, i test effettuati sul Dna circolante del paziente con biopsia liquida sono validi – spiega Erica L. Carpenter, autore principale dello studio e docente alla Perelman School of Medicine -. Inoltre, questo metodo è più confortevole per i malati e, essendo più semplice da eseguire, permette d’intervenire tempestivamente se a un certo punto la malattia resiste al trattamento».

Utile per verificare se la cura funziona

In alcuni pazienti le biopsie liquide sono state ripetute più volte come parte integrante della sorveglianza della malattia e i risultati sono stati utili per stabilire come procedere con le cure, se cambiare terapia e quali farmaci usare, visto che nella stragrande maggioranza dei casi erano già presenti (approvati o in sperimentazioni) medicinali mirati a contrastare le mutazioni genetiche individuate. «Servono conferme su numeri più vasti di pazienti – aggiunge Corey J. Langer, coautrice dello studio e direttrice dell’Oncologia Polmonare all’Abramson Cancer Center -, ma le biopsie liquide potrebbero essere la soluzione a un bisogno sempre più sentito: la necessità di verificare, in tempi rapidi, l’efficacia del trattamento in corso e cambiarlo, se necessario. La biopsia tradizionale resta certo valida all’inizio del percorso diagnostico, ma questo metodo non invasivo potrebbe rivelarsi un’utilissima arma in più».

 

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